Liberi di non credere

venerdì 11 maggio 2007

Ci sono stragi per le quali nessuno più si stupisce, per le quali non sono più sufficienti paura, o sgomento, nulla più se non una presa d'atto di ciò che è accaduto. Tutto continua ad essere come era prima. Nel giro di tre giorni, nel mio amato-odiato paesuncolo di provincia, sono state ammazzate quattro persone e tre sono gravi in ospedale.

Sono le vittime di una guerra di camorra, la cui logica, se qualsiasi guerra può avere una logica, è quella di accaparrarsi il dominio del mercato della cocaina. Lo sanno tutti: ci sono delle strade off limits presso le quali non è conveniente passeggiare, e non stiamo parlando di periferia abbandonata, ma del cuore della città "vecchia", una strada che nei prossimi giorni verrà inondata dai pellegrini che da Napoli, a piedi, si dirigono al santuario della madonna di Pompei. Ogni dieci dodici metri trovi un "punto vendita" anticipato di qualche metro da una fitta schiera di "muschilli" di vedetta sui motorini. Non appena vedono avvicinarsi quelle rare pattuglie che sono costrette (per un motivo o per un altro, vista che quella è una strada di passaggio nazionale) ad avventurarsi da quelle parti, li vedi agitarsi e schizzarti via davanti,che tu stia portando l'auto o un carrozzino con un neonato, perchè devono avvisare del potenziale pericolo. Corre voce che i muschilli prendano circa 400 euro alla settimana. Una buona paga per un ragazzo dai quattordici ai sedici. Per decenza non vi dico quello che prendo al mese, con il mio modesto lavoro da impiegato, ma è inutile dirvelo, io guadagno di meno.

La città, pur essendo veramente piccola, è divisa in due parti: una zona nord, detta "part'i copp'" (la parte di sopra) ed una zona sud detta "part'i vascio" (la parte di sotto). Anche in questo caso sarebbe un pleonasmo dirvi quale delle due zone è quella più pericolosa.

Fino ad un paio di mesi fa io abitavo nella zona sud. Avendo i miei che abitano "a' part'i copp" quella strada la facevo spesso, con grande disappunto di mia moglie: i casi di aggressione, infatti, di violenze, di situazioni, per così dire, estreme, sono ordine del giorno, e sono note anche alle forze dell'ordine che, e questo è cronaca, qualche volta ne sono state addirittura vittima.

Vedere quello spettacolo, vi giuro, mette i brividi. Li vedi questi ragazzoni, pesanti collane d'oro al collo, macchine di grossa cilindrata, motociclette potenti. E vedi pure i clienti che, per comprare la loro polverina magica, fanno rallentare il traffico: sembrano facce pulite loro, forse professionisti, piccoli imprenditori, o qualche malcapitato emulatore di ceti abbienti, che sniffa per illudersi di essere "a livello". Tutto alla luce del giorno, nel traffico quotidiano, tra gli sguardi bassi, fissi sulla pavimentazione accidentata del marciapiede. Cosa potrebbero fare se non farsi "i cazzi propri"?
Tre dei morti ammazzati di questi ultimi giorni sono stati freddati tra la folla, in quelle stesse strade trafficate da persone che "vitam silentio transeant veluti pecora, quae natura prona atque ventri oboedientia finxit", per parafrasare Sallustio.

Domenica sera, per non rimanere tappato in casa, sono sceso con mia moglie e la bambina. Siamo andati a fare una passeggiata per il Corso, da "Sottozzero" per comprare un buon gelato. Poco distante c'è il commissariato di polizia: facevano bella mostra di sé una decina di mezzi blindati, ed una schiera di poliziotti ben armati. I carabinieri, dal canto loro, sfrecciavano per le strade facendo ricordare ai cittadini che quella non era una domenica come le altre, e che si era dovuto aspettare ben due giorni e quattro morti ammazzati perché lo ricordassero anche loro.

Mia figlia mi ha chiesto perché. Mia moglie ed io ci siamo guardati, ma è difficile rispondere ai perché dei bambini. Così come quando, l'anno scorso, ero da mia madre, poco prima di scendere da casa sua sentimmo delle esplosioni: colpi secchi, non avevo ancora capito che erano colpi di pistola. Accanto al campo sportivo avevano ammazzato un uomo. Passai di lì poco dopo e vidi una gran folla. Abbassai il finestrino dell'auto e chiesi ad una passante "cosa è successo?" . Mi guardò calma e mi disse "niente, hanno ucciso un tipo". Mia figlia mi chiese se quello che aveva appena sentito significava che qualcuno era morto. E non riuscì a farsene una ragione.

Così, al centro del golfo di Napoli, sotto al Vesuvio sornione, tiriamo avanti, incastonati in questo sistema perverso di assuefazione e di abbandono: lo Stato, evidentemente, tollera questo stato di cose, probabilmente per mascherare la propria incapacità di agire. Ovviamente non intendo le parate fatte domenica sera, gli schieramenti di forze armate e quant'altro, quelle, lo dimostrano i fatti, servono solo a calmare le acque e a far tacere i media per un po'; mi riferisco all'incapacità di strappare quei muschilli dal sellino del motorino, l'incapacità di dare loro quanto per costituzione si era impegnato a dargli: istruzione, lavoro, educazione, democrazia.

Torre Annunziata, città dormitorio, un tempo lontano famosa per i pastifici (Voiello per dirne uno), per le spiagge vulcaniche, per le terme, è l'emblema del fallimento di noi tutti, in quanto Stato, incapaci di dare un senso qualsiasi alla vita di chi ha come unico valore la sopraffazione dell'altro. In questo contesto, ci si avvicina alle amministrative, con tutto il bagaglio di luoghi comuni, di identità da rivendicare, di colpe da addossare agli avversari. Nessuno che sembra guardare in faccia ad una realtà triste e senza vie di uscita. Il sindaco di una città ridotta così male non può non essere che un martire o un colluso. In tutti e due i casi ci rimettiamo sempre.

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