sabato 31 maggio 2008
La politica buona (parte II)
Nella mia rassegna stampa quotidiana online, quello che mi ha colpito di più è stata la lettera della ricercatrice pugliese al presidente della Repubblica. Mi ha colpito poiché parla di quel tormentone del periodo elettorale che è la “sicurezza”. Lei l'Italia la guarda da lontano, e le fa impressione. Sono convinto che il senso di non appartenenza che prova con immenso dolore questa donna, sia sentito da molti anche in patria. E' un disagio spaventoso, un malessere dal quale non si riesca a sfuggire, che logora il senso di gioia che provi per la tua terra quando la vedi martoriata da una visione distorta delle cose. La causa della incapacità di questo paese di rimboccarsi le maniche e di ricrescere, viene vomitata addosso ad extracomuntiari, immigrati, clandestini. Questa voglia di sicurezza è paragonabile alla necessità ancestrale di addossare le cause del male a qualcuno. In questo noi italiani abbiamo una visione non molto diversa dalle punizioni che vengono inflitte, nei paesi del terzo mondo, alle persone, soprattutto donne, che vengono accusate di stregoneria, o al malcostume tipicamente nostrano di indicare “l'untore, lo jettatore, il menagramo”.
Siamo una nazione decadente, senza idee, cupa, abbandonata a se stessa, la caricatura di quello per cui il mondo ci ha apprezzato, di quello di cui la dottoressa Vinci andava fiera all'estero.
Su Liberaton di oggi si legge un resoconto di quello che sta accadendo in Italia, dalla distruzione delle baraccopoli dei Rom a Napoli al caso comico (tragico) del signr Chianelli, agli scontri tra neofasciti e anarchici. Ma molte altre testate europee sembrano testimoniare, attraverso i loro inviati, la sensazione di avere a che fare con una nazione diversa, più intollerante, più fascista, come Jon Hooper del Guardian che rimane sconvolto, il giorno dell'elezione di Alemanno, dal grido “duce, duce”.
Questo è un paese che lascerebbe estraneo chiunque.
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