Liberi di non credere

sabato 16 maggio 2009

Notte di maggio.

La notte amplifica il senso delle mie percezioni. Nell'opaco limbo dei sensi che cominciano a sopire c'è il paradosso della limpidezza. Ogni azione compiuta nel giorno acquista un senso nel pacato mondo che precede il sonno, e viene collocata sulla mensola più adeguata dei ricordi che mi accompagneranno fino all'ultimo respiro che farò.
Tra questi miliardi di gocce d'acqua che sono venute giù attratte dall'asfalto che finalmente respira dopo una giornata di afa, le mie impressioni sfiorano i lenti profili dei monti Lattari, appena distinguibili all'orizzonte, perché l'umidità li tiene al riparo dagli sguardi dei sognatori. Il campanile sovrasta lontano la vallata che si perde in miriadi di luci scintillanti e pigre, come al centro di una baia il pescatore aspetta le sue prede alla lampara.
Non mi rimane che urlare il mio disappunto alle incongruenze del mondo, alle sue perfide risacche che mi avvolgono in spirali di ingordigia e di prepotenza. E il mio urlo è vano, perché finisco, come i matti, a vedere il nemico che non esiste, che prevarica e fagocita gli intelletti. Ma sono solo io a vederlo, e solo io lo combatto. Il nemico non esiste, ma è terribile il suo respiro sul mio collo, il suo alito che profuma di incenso, mi rende irascibile, e la mia rabbia viene scambiata per tracotanza. Io, il tracotante sconfitto.

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