Liberi di non credere

martedì 5 maggio 2009

Tamaro e la crociata laica.

Ho letto con estremo interesse l’articolo di Susanna Tamaro cercando di comprendere le motivazioni che l’hanno spinta a fare considerazioni così gravi.
Mi colpisce la vis polemica insita in un’espressione come quella di “crociata laica”. Che il termine “laico” sia in questi ultimi anni abusato è un fatto, e nasconde un diffuso desiderio di celarne il senso in una nebulosa di dubbio che di fatto accontenta o scontenta tutti a seconda del contesto in cui si utilizza. Quindi la Tamaro, che con il senso delle parole ed il loro utilizzo ci campa, il significato lo conosce bene. E per questo, retoricamente, finge di stupirsi di un crescente livore “laico” contro “persone che hanno una diversa visione del mondo”, perché in questo lei scorge quasi un qualcosa di comico e così lo presenta a lettori predisposti alla distrazione dal suo affabulare.
Qualcosa in effetti, ammettiamolo, c’è da parte di una consistente parte della popolazione italiana, ma quello che la Tamaro non dice, perché probabilmente non lo percepisce, è che quel livore è la conseguenza di un crescente senso di fastidio nei confronti dell’invadenza della Chiesa Cattolica in particolare nelle istituzioni di questa nostra Nazione.
Non si tratta dunque di una visione laica “canonizzata” della vita (esigenza questa propria della Chiesa Cattolica e di tutte le confessioni basate su verità rivelate) che con i suoi dogmi intende soffocare con spade crociate e scudi alzati i martiri portatori di Fede. Si tratta di rivendicare il diritto di tutti, compreso quello della Tamaro, a pensare e a credere e a esprimersi liberamente, senza condizioni e senza intromissioni nella vita pubblica da parte di alcuna confessione religiosa o organizzazione di pensiero.
Un altro punto del suo intervento che mi lascia dubbioso è l’utilizzo del termine Fede. Perché non è ben chiaro se il suo sia un parlare ad un pubblico di Fedeli che percepiscano il senso di questa parola in un ambito confessionale, o sia un più generico termine che si inquadra in un contesto semantico più ampio. In tutti e due i casi, arriva al paradosso di identificare il rispetto della libertà individuale come il tentativo di prevalere sugli altri (il che, però, vale per tutti!). In questa ottica i Cattolici vorrebbero potersi sentire liberi di pervadere la cultura dominante.
Io credo che sia arrivato il momento di chiarire che, fino a quando le istituzioni di questa nazione garantiranno tutti, non ci sarà spazio per l’imposizione di nessuno su nessun altro. Dire che i cittadini liberi vogliano imporre la propria libertà, è un paradosso che giustfica solo una riscoperta del martirio e della persecuzione propria della cultura cattolica (in fondo loro ne sanno sempre una più del diavolo), costruendo un castello (di carta) basato su fantomatiche crociate contro chiunque Creda, prescindendo, e questo è veramente comico, dalle confessione religiose. Così si aumenta il numero dei “fedeli”, delle anime pie istintivamente portate a parteggiare per i deboli e i poveri di spirito (in quanto incapaci di ridere).
Concludo osservando che l’umanità si può sentire e vivere senza necessariamente impelagarsi in argomentazioni teologiche, come la Tamaro fa nella seconda parte del pezzo che ha scritto, e che la vita si può gustare e vivere gioiosamente da uomo, distillando ogni singolo istante nella bellezza del proprio essere e del proprio percepire le cose. In questo senso il concetto di divino è semplicemente superfluo. I misteri,poi, lasciamoli agli iniziati delle confessioni religiose.

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