Liberi di non credere

giovedì 29 maggio 2008

Er Monnezza













E’ di stamattina l' intervista di Carlo Bonini di Repubblica in esclusiva a uno degli assalitori del raid del Pigneto. Devo dire che non sono rimasto molto sorpreso delle “rivelazioni”. Incredibilmente, proprio ieri, avevo scritto che il “fascista” di turno avrebbe potuto essere chiunque.
Tra atmosfere di sottoproletariato pasoliniano, guarnite di poliziesco alla Lenzi, prorompe un personaggio, come dire, “coatto” che occupa la scena con un primissimo piano, seduto ad un tavolo di bar, a sorseggiare whisky (a scrocco) fumando Marlboro rosse, di notte. Pare di vedere il Trucido, Tomas Milian, “er monnezza”, quello delle rapine alle banche, per capirci, quello della galera e dei cazzotti. La sua visione delle cose ha la prospettiva di un mondo proletario confuso dalla modernità che gli propone sempre nuovi modelli ai quali non può aspirare. Semplicemente lui “è” il suo quartiere. Questo novello Trucido dice “Nazista a me? Io sono nato il primo maggio, il giorno della festa dei lavoratori e al nonno di mia moglie, nel ventennio, i fascisti fecero chiudere la panetteria al Pigneto perché non aveva preso la tessera”. Un po’ come dire che poichè io sono nato il 25 di dicembre e uno zio del fratello di mio cognato era Cardinale, ho titolo a dare l’estrema unzione ai magrebini. Allo stesso modo lui, che ha queste profonde radici antifasciste, si è sentito autorizzato a pestare “questa merda di marocchino, o da dove cazzo viene, questo Mustafà” che aveva sfilato un portafoglio ad una sua amica. Ha “El Che” tatuato sul braccio e che cita a sproposito. El Che era un rivoluzionario, e i diseredati e gli sbandati cercava di farli emancipare. Con questo non voglio entrare nel merito santificando Guevara, ma non mi risulta comunque che sia mai andato a pestare alcuno con un branco di pischelli che si sono aggiunti a lui spontaneamente per strada.
Er Monnezza vaga per il suo quartiere Romano ed è inconsapevolmente lo specchio di quella Italia fascista di cui parlavo ieri, un fascismo da quartiere che non fa sconti a nessuno, soprattutto se parlano una lingua diversa dall’italiano, un fascismo radicato profondamente in questa nazione e che aveva solo bisogno di essere ridestato. I presupposti, oggi, ci sono tutti.

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