Liberi di non credere

lunedì 26 maggio 2008

Torre Annunziata

Torre Annunziata è un paese triste. Ci abito e di conseguenza non riesco ad essere particolarmente allegro. Il tasso di disoccupazione è estremamente alto e le attività redditizie in loco rimangono legate, sostanzialmente, al traffico di stupefacenti, in particolare a quello della cocaina.

I pusher lavorano indisturbati lungo una strada nazionale, ormai da diversi anni. Uno sciame di vedette sui motorini, sorveglia i movimenti, piuttosto rari per la verità, delle forze dell'ordine.

Spesso, quando qualche poliziotto osa troppo, viene cacciato via con le brutte: qualche contusione, niente di più, ma un grosso senso di sgomento tra di loro e di vuoto tra i cittadini. La latenza dello stato, ovvero la nostra latenza, si evidenzia nel momento in cui si fa più disarmante l'arroganza di queste persone quando ostentano una ricchezza paradossale, a tratti grottesca, fatta di catene d'oro, di macchine e motociclette potenti, di sfarzo cafone e di prevaricazione costante, di prepotenze piccole e grandi nei confronti di una società civile che usa Torre come città dormitorio. Questa è dunque il loro habitat ideale, il loro dominio incontrastato: le regole le fanno loro e non viene tollerato null'altro. Ricordano tanto da vicino gli spacciatori di crack nei ghetti afroamericani: cambia solo il tipo di musica che ascoltano, anzi solo il ritmo, poiché i contenuti sono praticamente gli stessi. Sanno benissimo che sono loro a mantenere un certo giro di soldi: basta fare una passeggiata per il corso per scorgere boutiques colme di griffes o gioiellerie. Non si direbbe che è un paese che se la passa male, se non fosse che, dopo le 10 di sera, c'è una sorta di coprifuoco.

L'abbandono è davvero mortificante. Non solo lo stato è latente, quando non è colluso, ma anche le istituzioni religiose non se la passano meglio. Basti constatare che il parroco della chiesa di S.Alfonso è notoriamente imparentato con una famiglia importante del mondo malavitoso. Ed il paradosso maggiore è che si trova in un quartiere cruciale per il tentativo di recupero sociale delle generazioni più giovani, il Penniniello. Ma, dal momento che questo signore è uno tutto di un pezzo, assolutamente intransigente sugli orari di catechismo, rigoroso sulle direttive del Ratzinger di turno, allora non importa a nessuno che per lui la Camorra non esista, Vaticano compreso, perchè quello che conta, per questi preti, è avere più persone che vengano definite cattoliche (il che significa più rappresentatività e quindi più potere). Certo sarebbe stato molto meglio che un prete come lui fosse inviato in posti del mondo in cui c'è davvero bisogno di un impegno umano... ma questo non è l'obiettivo della chiesa cattolica...ovviamente

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